Educazione finanziaria in Italia: un quadro desolante
Più della metà degli italiani non è in grado di rispondere correttamente alle domande relative alle basi dell’educazione finanziaria (inflazione, diversificazione, tassi d’interesse ecc.). Le indagini condotte da Ocse/S&P rivelano un livello di alfabetizzazione finanziaria assolutamente inadeguato alle necessità del nostro Mondo (sempre più globalizzato) in cui ogni aspetto della vita quotidiana è legato agli avvenimenti finanziari. Oggi saper valutare un rendimento, conoscere le caratteristiche degli strumenti finanziari più diffusi o capire l’importanza della diversificazione del rischio è un’abilità fondamentale a garanzia della propria libertà quanto saper usare il computer o guidare un’automobile.
Purtroppo, secondo le indagini, circa un terzo dei risparmiatori in Italia non conosce i pilastri della finanza. Sarebbe necessario iniziare ad educare sin dalle scuole i ragazzi ad una maggiore conoscenza di questi meccanismi, sostenendo gli adulti che sempre più spesso, si trovano vittime dei numerosi casi di risparmio tradito e/o di crisi bancarie. Un buon livello di cultura finanziaria agevola l’esercizio dei propri diritti e rientra a pieno titolo tra gli strumenti di tutela del risparmiatore. Inoltre, nella misura in cui favorisce il rapporto fiduciario con le istituzioni finanziarie, garantisce stabilità al sistema.
Da una recente indagine del Centro Studi Luigi Einaudi emerge che, dopo un picco registrato negli anni della crisi finanziaria, dal 2015 in poi gli italiani hanno ricominciato a disinteressarsi alla finanza ed agli investimenti. Lo spread, la crisi, il rischio di default hanno interessato, come era prevedibile, gli italiani.
I meno coinvolti sono gli over 65 mentre sembrerebbe migliore la situazione della fascia d’età 18-24 anni visto che la metà degli intervistati si dichiara interessato anche se, al contempo, dichiara di non informarsi in merito. E più in generale, la quota di persone che non dedica tempo ad informarsi su questi argomenti è aumentata nell’ultimo anno nonostante la necessità di risparmiare ed investire per il futuro sia sempre più stringente. Molti, senza tener conto dei conflitti d’interesse, fanno ancora affidamento alla banca ed al proprio promotore finanziario, contrariamente a quanto avviene all’estero sono pochissimi gli investitori sfruttano il web e l’informazione indipendente.
Sul piano politico, tra il 2010 ed il 2015 è più che raddoppiato il numero di Paesi che hanno adottato una Strategia Nazionale di educazione Finanziaria: l’Italia non era tra questi. E’ in discussione un disegno di legge che prevede disposizioni in materia di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale il che rappresenterebbe un decisivo passo avanti se non un cambio di rotta. Ma finora i principali promotori sono stati il mondo finanziario, la scuola e le associazioni che hanno fornito un’offerta frammentata, eterogenea ma soprattutto scarsamente efficace.
La capacità di tutti di comprendere e sfruttare i concetti finanziari basilari è assolutamente un obiettivo da perseguire per migliorare il benessere dei consumatori, che spesso (a causa di asimmetrie informative, meccanismi controintuitivi ed incapacità di valutare correttamente la propria propensione al rischio) corrono il rischio di compiere scelte inadeguate ed incoerenti rispetto alle proprie esigenze.
La legge riconosce oggi la trasparenza delle condizioni contrattuali e la correttezza dei rapporti con la clientela come una finalità autonoma della vigilanza, avendo rafforzato i poteri in materia attribuiti alla Banca d’Italia.
La semplificazione e la standardizzazione delle informazioni, i controlli a verifica della trasparenza, dell’affidabilità e della sostanziale correttezza degli operatori, le sanzioni o gli obblighi funzionano solo se sostenute da una buona cultura finanziaria dei consumatori.