Italia tra tensioni ed allarmismo: spread, rapporto deficit/pil al 2,4% e BTp
Come saprete, lo spread è ai massimi dal 2013: Con questa breve analisi, però, vogliamo non solo informarvi ma anche rassicurarvi. E’ indubbio che sui mercati vi sia tensione: le incognite sono tante e di diverso genere. Tuttavia tensione non significa necessariamente allarme.
Sul mercato dei titoli di Stato italiani ha in effetti vinto il panico all’indomani della pubblicazione della nota di aggiornamento al DeF che ha previsto un rapporto deficit/Pil al 2,4 per cento. In avvio di seduta lo spread tra il Bund e il BTp a 10 anni è balzato oltre i 260 punti mentre le banche hanno portato al ribasso Piazza Affari. Le tensioni maggiori si sono riscontrate in particolare sulla parte breve della curva dei rendimenti. Numeri da allarme rosso che testimoniano l’elevato nervosismo degli investitori alla luce di una cifra finale sul rapporto deficit/Pil molto superiore alle previsioni e speranze di tutti.
Il rapporto deficit-Pil è infatti un indicatore chiave per la tenuta dei conti: il ministro del Tesoro Tria avrebbe voluto mantenerlo, più o meno, su un più rassicurante 1,6% (“non c’è crescita nell’instabilità” cit.) ma ormai sappiamo che nel prossimo triennio salirà al 2,4%, come concordato in seno alla maggioranza di governo, per finanziare le diverse promesse elettorali: dal famigerato reddito di cittadinanza alla flat tax.
Ovviamente le attuali quotazioni dello spread scontano già un deficit al 2,4% e ci si chiede quanto potrebbe salire lo spread con un deficit del genere? Stando alle stime di Bloomberg l’attuale livello di spread sarebbe compatibile con un deficit al 2,4 per cento. Ma è probabile, a detta di diversi analisti internazionali, che si verifichi una brusca salita del differenziale verso la soglia critica dei 300 punti base, che potrebbero addirittura essere superati. Secondo gli analisti di Capital Economics la legge di bilancio rischia di alimentare timori sulla sostenibilità dei conti pubblici nazionali innescando una nuova ondata di vendite sui titoli di Stato ed un rendimento del BTP decennale oltre la soglia del 3,5% entro la fine dell’anno.
Secondo il columnist del Wall Street Journal Jon Sindreu, invece, questo è il momento migliore per comprare BTp. Secondo Sindreu, infatti, guardando agli avvenimenti degli ultimi anni si nota come nell’Eurozona gli spread si allarghino non tanto quando gli investitori prevedono un maggior rischio di insolvenza ma quando si materializza il pericolo di uscita dall’Euro (si veda il caso “Grexit” o il balzo dei rendimenti sui BTp quando filtrò la bozza del contratto di governo in cui era contenuto un possibile piano di uscita dalla moneta unica). Una voce fuori dal coro quella del Wall Street Journal, che sostiene quindi che gli investitori non dovrebbero concentrarsi sul rapporto deficit/Pil ma sul sostegno degli italiani nei confronti dell’Euro, che rimane ampiamente al di sopra del 50%. Fino a quando tale percentuale resterà oltre quella soglia, quindi non ci sarà nulla da temere. Tuttavia, nel corso delle ultime settimane, diversi grossi fondi (tra i quali Blackrock e Fidelity) avevano scommesso su una legge di bilancio più prudente, che seguisse la linea cautamente proposta da Tria. Visto che questa posizione è stata abbandonata il rischio è che si possa verificare ora una chiusura di queste posizioni ed un’impennata della volatilità. Una situazione che potrebbe ovviamente avere un impatto negativo anche sul rating dell’Italia.
A fine ottobre Standard & Poor’s e Moody’s hanno entrambe in programma una revisione del merito di credito del Paese e c’è un elevato rischio di declassamento. Soprattutto Moody’s sembrerebbe propendere con il downgrade con outlook negativo, elemento che rischia di classificare i BTp come “junk”.
Scongiurato il rischio di dimissioni da parte del ministro Giovanni Tria, i partiti di maggioranza, si trovano ora a confrontarsi con una pericolosa perdita di credibilità agli occhi degli investitori internazionali, con un ministro che firma un documento che sconfessa apertamente la propria linea politica. Il suo profilo di economista ortodosso e rispettoso del contesto normativo europeo è servito finora a garantire stabilità agli occhi degli investitori (soprattutto a chi investe nei nostri titoli di Stato). Il rischio di “Italexit” che era ormai stato allontanato, torna quindi a farsi strada causando instabilità e timore. La scelta di Tria come ministro del Tesoro ed il suo orientamento prudente avevano infatti allentato la pressione sullo spread dopo le tensioni di maggio e giugno. Ora cosa succederà? Staremo a vedere. Intanto il ministro dell’Economia ha rassicurato Confindustria mentre il Governo stringe sul Nadef, la nota di aggiornamento del Def presentata alle commissioni parlamentari per il via libera di Camera e Senato entro il 10 ottobre.