Bitcoin e scissioni: cosa c’è da sapere

Il bitcoin resta attestato su livelli record e mentre si rincorrono voci riguardanti la volontà di Amazon di utilizzarlo come metodo di pagamento si parla anche di Bitcoin come nuovo “bene rifugio”.

Per investire in queste valute con maggior cognizione di causa potrebbe quindi essere utile fare un po’ di chiarezza su cosa siano e cosa comportino le scissioni che ultimamente interessano il mercato delle criptovalute. La scissione fissata per il 25 ottobre scorso ha portato alla nascita di Bitcoin Gold. Alla base della separazione c’è stata un’esigenza di decentralizzazione del mining . Quando la criptovaluta è stata lanciata, chiunque poteva partecipare alla decifrazione degli algoritmi alla base di bitcoin ed all’attività di certificazione distribuita direttamente dal proprio pc (pur dovendo sfruttare software molto costosi). Oggi invece questa attività è in mano a grosse farm, la maggior parte delle quali basate in Cina, che hanno a disposizione un hardware specializzato. Dopo la scissione del 25 ottobre, il Bitcoin non ha manifestato grandi scosse. Al lancio Bitcoin Gold è infatti inizialmente crollato del 60% rispetto al prezzo di partenza con conseguente calo del Bitcoin (da 6000 a 5470 dollari) e di Ethereum (sceso sotto i 300 dollari). A poche ore di distanza però Bitcoin è tornato a 5750 dollari e Bitcoin Gold a 140 dollari.

Come detto il “fork” che ha dato vita al Bitcoin Gold ha lo scopo di rendere l’attività aperta a tutti eliminando la necessità di computer potenti visto che ruota attorno ad un nuovo protocollo che permette di tornare a fare mining sul computer di casa. Tutto ciò grazie ad un software che gira su più economiche schede grafiche, riducendo il potere dei grandi miners orientali. Dopo l’esperienza con Bitcoin Cash è infatti evidente l’opportunità che si cela dietro un fork. Chiunque  possedeva bitcoin possiede ora la stessa quantità di Gold ad tasso di cambio di 1BTC A 1BTG. Già il meccanismo ha permesso di superare senza grandi difficoltà la nascita, ad agosto, del Bitcoin Cash, che vale oggi poco più del 5% della capitalizzazione del classico Bitcoin. Bitcoin Cash oggi è più vicino ad essere un asset finanziario piuttosto che una moneta di scambio.

La scissione inizialmente prevista tra il 16 ed il 18 Novembre invece è saltata. Il piano, denominato Segwit2x, avrebbe portato a un raddoppio a 2MB della dimensione del blocco della blockchain in corrispondenza del blocco numero 494784, che avrebbe dovuto arrivare attorno al 16 novembre. L’aumento delle dimensioni dei blocchi (concordato lo scorso agosto) avrebbe portato, nelle intenzioni, a una maggior velocità nelle transazioni, dopo anni di dibattito e dopo che il sistema ha mostrato tutti i suoi limiti in termini di rapidità e di costi, in un mondo dove le transazioni diventano sempre più in real-time.

I fautori dell’upgrading hanno però ritenuto di dover salvaguardare l’unità della community impedendo che il fork si realizzasse ora. Tuttavia resta la volontà, in un prossimo futuro, di raggiungere il consenso necessario per il raddoppio della dimensione dei blocchi.

Il nodo che ha portato alla nascita di Bitcoin Cash è la lentezza del processo di mining e di certificazione delle transazioni, che richiedono una macchinosa attività distribuita. Il compromesso di SegWit2x avrebbe portato ad un allargamento dei blocchi della blockchain e quindi ad una maggior velocità nella certificazione. A Novembre però non ci sarà più alcuna scissione: il nuovo protocollo non sarà implementato, come detto, per evitare uno scontro tra sviluppatori e miners. Il risultato è che, terminata l’incertezza, il bitcoin è tornato a impennarsi arrivando a toccare i nuovi massimi con un record di oltre 7.000 dollari.